rain storm pagato per uccidere by barry eisler

rain storm pagato per uccidere by barry eisler

autore:barry eisler [eisler, barry]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: thriller
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


7

Dormii al Ritz, dalla parte opposta del porto. Fu un peccato dover lasciare il Peninsula, ma Delilah sapeva che io ero lì e avrebbe pur sempre potuto dirlo a qualcuno. Meglio recidere ogni potenziale collegamento.

L'indomani mattina mi svegliai fresco e di buon umore. Ripensai a lei. Aveva proprio bisogno che Belghazi se ne andasse un paio di giorni, lasciandole un po' di libertà. Immaginai che qualunque cosa fosse andato a fare, si trattava esattamente di quello che Delilah e i suoi soci stavano aspettando. Ritenevano, probabilmente, che gli esiti di quei suoi incontri sarebbero stati in qualche misura registrati sul suo computer, e a quel punto sarebbero entrati in azione.

Perché, allora, Delilah aveva ugualmente cercato di intrufolarsi nel computer di Belghazi, quella notte nella suite del Mandarin Oriental? Forse era stato un semplice tentativo. Un esercizio di riscaldamento. Sì, poteva darsi, anche se non avevo modo di accertarmene. Per il momento, almeno.

Tutte le mie congetture, inoltre, presupponevano che lei mi avesse detto la verità, ma di questo io non potevo essere sicuro. Avevo bisogno di altre informazioni, utili a tentare qualche triangolazione. Speravo di ottenerle da Kanezaki.

Mi feci una lunga doccia e mi rasai prima di passare dal banco della reception, pagare e andarmene. La bella receptionist mi guardò per un attimo e chiese educatamente il permesso di allontanarsi. Prima che io potessi anche

solo immaginare di che si trattasse, fu di ritorno con il direttore, un tizio magrolino con dei baffetti sottili.

«Ah, Mr Watanabe», disse, utilizzando il nome falso che avevo fornito al mio arrivo, «crediamo che un uomo vi stia cercando. Una questione di... polizia, apparentemente. Dice che è molto importante che lei si metta in contatto con lui. Ha lasciato un numero di telefono.» Mi porse un foglietto.

Io annuii, mi sforzai di non manifestare la mia costernazione e presi il foglietto. «Non capisco. Perché non mi avete informato subito?»

«Mi dispiace molto, signore, ma quell'uomo non la conosceva neppure per nome. Ha lasciato una fotografia alla reception. Solo ora, vedendola, la receptionist ha pensato che lei potesse essere la persona della fotografia.»

«È tutto? Non c'è altro? Quest'uomo non ha detto come si chiama?»

Il direttore scosse la testa. «No, mi dispiace.»

«Posso vedere la fotografia?»

«Certo.» Frugò sotto il banco e mi mostrò una stampa che riconobbi immediatamente come un raffinato falso, un'immagine digitalizzata delle mie fattezze: non certo un ritratto sputato, ma abbastanza somigliante.

Li ringraziai, pagai il conto e me ne andai, controllando l'atrio con più attenzione di quanta ne avessi usata al mio arrivo. Sembrava tutto in ordine.

Eseguii una serie di complesse e accurate manovre di contro-sorveglianza, interrogandomi sull'identità di quell'uomo misterioso e su come diavolo avesse fatto a rintracciarmi. L'idea di avere qualcuno alle costole, proprio quando si crede di aver fatto tutto il necessario per evitarlo, è oltremodo spiacevole.

Quando fui ragionevolmente certo di non essere seguito, entrai in una cabina telefonica e composi il numero che mi avevano dato all'hotel.

Il telefono, all'altro capo, squillò due volte, dopo di che udii un «moshi moshi» pronunciato con un marcato accento del Sud degli Stati Uniti.



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